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Hikikomori parte 2
Giuseppe Guida (Author), @Domecolo (Author), Arianna Vittoria Beffardi (Author), Byunknow (Author), Marco Clelio Palmieri (Author), Euno Maya (Author), Flaminia De Giuli (Author), Marco De Giuli (Author), Infinitelands (Author), Andro Malis (Author), Danilo Manzi (Author), Giovanni Nahmias (Author), Le Nevralgie Costanti (Author), Tiziano Onesti (Author), Corinne Paolillo (Author), Alessio Traumrat Rosati (Author), Diletta Ugolini (Author), Giuseppe Guida (Cover Artist), Marco De Giuli (Editor), Giuseppe Guida (Illustrator), @Domecolo (Illustrator), Arianna Vittoria Beffardi (Illustrator), Byunknow (Illustrator), Camilla Crisciotti (Illustrator), Euno Maya (Illustrator), Flaminia De Giuli (Illustrator), Marco De Giuli (Illustrator), Infinitelands (Illustrator), Andro Malis (Illustrator), Danilo Manzi (Illustrator), Giovanni Nahmias (Illustrator), Le Nevralgie Costanti (Illustrator), Tiziano Onesti (Illustrator), Corinne Paolillo (Illustrator), Alessio Traumrat Rosati (Illustrator), Diletta Ugolini (Illustrator)
September 2022
None
Italian
60
other
Indie, Underground, Authorial, Self-published, Porn, Adult, Erotic, BD, Alternative
In a world that ignores (or, worse, pretends not to see) injustices and sufferings of the least, the marginalized, the excluded people, the silent rebellion of the Hikikomori can be interpreted as awareness and acceptance of a defeat. But, perhaps, it's just a matter of points of view, as Giovanni Nahmias suggests in his contribution, and this reopens the doors to hope, hope in a more just and inclusive world. A hope that strongly emerges from the music that closes our soundtrack. Music is sometimes more explicit than words and Maurice Ravel's iconic Boléro points the way to the future.
HIKIKOMORI II
L’itinerario del collettivo Interiors all’interno del mondo degli hikikomori continua nell’albo Hikikomori II. Rispetto alla precedente fanzine della serie, questa pubblicazione è caratterizzata da una prospettiva meno cupa, nella quale trovano spazio l’ipotesi e il desiderio di un’eventuale apertura verso il mondo esterno. Infatti, dopo aver portato alla luce un fenomeno sociale ancora prevalentemente ignorato, in queste pagine i membri del collettivo non cedono alla rassegnazione, ma, al contrario, cercano di immaginare delle vie alternative verso un futuro che auspicano migliore e diverso.
I contributi che costituiscono l’albo sono numerosi e, anche questa volta, presentano punti di vista e stili grafici svariati. Inoltre, come in Hikikomori I, anche in questo caso ogni lavoro è corredato da un codice QR vincolato al video di una canzone, così che, pagina dopo pagina, si va componendo una vera e propria colonna sonora che accompagna il nostro percorso di lettura. L’utilizzo del linguaggio musicale permette al collettivo di arricchire la narrazione al di là della dimensione esclusivamente grafica e verbale propria del fumetto. Come affermato nell’introduzione alle tavole, «la musica, a volte, è più esplicita delle parole» e, effettivamente, qui la vediamo impiegata come un ulteriore mezzo espressivo capace di segnalare possibilità alternative di riscatto e di apertura.
Per quanto riguarda i contenuti della fanzine, in Hikikomori II vengono riproposte pressoché le stesse tematiche già analizzate nella precedente pubblicazione, ovvero, la denuncia delle cause che stanno alla base dell’emarginazione sociale, la descrizione dell’abitazione-prigione dove ha luogo l’esistenza degli hikikomori, il racconto degli effetti dell’isolamento sia sul corpo che sulla psiche, e gli innegabili nessi tra la sofferenza fisica e quella mentale. Anche in queste pagine, pertanto, trova ampio spazio la rappresentazione della solitudine, dell’angoscia e della paura, declinate in maniere diverse a seconda delle inclinazioni narrative di ciascun autore. Il problema dell’esclusione viene così affrontato e raffigurato attraverso molteplici forme, che spaziano da quella estremamente scarna e sintetica di Flaminia De Giuli in La giornata di un Hikikomori, a quella più parodistica e votata all’assurdo di Infinitelands con il suo Infine decise di vivere su di una sedia.
Come si è detto, la differenza sostanziale tra Hikikomori I e Hikikomori II si riscontra nella presenza dello sprazzo di speranza che, inaspettatamente, riesce a insinuarsi tra i lavori di questa seconda fanzine. Basta mettere a confronto le copertine dei due albi per notare come, dal nero uniforme e impenetrabile del primo numero, si passa qui all’esplosione di forme e colori dell’illustrazione Mitote di Tiziano Onesti. La monotonia scura che si imponeva nella prima copertina viene ora soppiantata da una forza immaginativa nuova, che sembra spronarci a dare ascolto a una vitalità già insita in ognuno di noi.
Questo stesso messaggio riappare a più riprese in molti dei contributi, come, per esempio, in I’m not alone, I’m by myself di Diletta Ugolini, e in It’s ok to be alone di Arianna Vittoria Beffardi. Entrambe le autrici, infatti, contemplano il concetto di solitudine a partire da un’accezione positiva del termine, vale a dire, come una condizione di intimità nella quale trovarsi da soli con sé stessi non implica un vuoto, ma una maggior presenza e consapevolezza. La necessità di non condannare la solitudine e di non incolpare chi soffre a causa dell’isolamento viene ribadita anche da @Domecolo in Ermetico, dove l’attenzione si concentra sul bisogno di affrontare il disagio del fenomeno hikikomori senza timore né pregiudizi a partire dal recupero della vicinanza con l’altro e con l’esterno. La rottura delle catene dell’isolamento viene dunque presentata come un’ipotesi concreta, un traguardo raggiungibile che dipende da uno sforzo sia individuale che collettivo.
Per sottolineare la possibilità di sovvertire il meccanismo che conduce alla chiusura e all’autoreclusione, i membri di Interiors concludono la fanzine servendosi delle stesse tavole che avevamo trovato in apertura del primo dei due albi, riproponendole, però, in ordine inverso. Se all’inizio di Hikikomori I avevamo visto come, nei disegni di ByUnknow, una porta si tramutava gradualmente in un mostruoso agglomerato di forme, irriconoscibile e invalicabile, ora quello stesso ammasso informe subisce una metamorfosi opposta, riappropriandosi a poco a poco del suo sembiante riconoscibile e rassicurante. Adesso che di nuovo vediamo una porta, sappiamo che è possibile uscire.