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Maicol & Mirco (Author)
2015
None
Italian
None
color
Prezzo di copertina: 20 € acquistabile con metodo PRIMAOMAI.
“Il suicidio spiegato a mio figlio” di Maicol&Mirco è uscito nel gennaio 2015. Il volume, autoprodotto e distribuito secondo il metodo di prevendita tramite preordine “Prima o mai”, è apparso sul mercato con un’unica tiratura di 1050 copie, alla quale non è seguita nessuna successiva ristampa.
La dicitura “spiegato a mio figlio” inclusa nel titolo ci fa subito pensare a quella popolare categoria di libri di carattere pedagogico scritti con l’intenzione di rendere accessibile ai bambini la complessità di questioni o avvenimenti generalmente considerati cruciali per la loro formazione (si veda, per esempio: “Dio spiegato a mio figlio”, “Il razzismo spiegato a mio figlio”, “Il ’68 spiegato a mio figlio”, e così via). A giudicare dal titolo, quindi, lo si potrebbe prendere per un libro destinato ad un pubblico giovanile nel quale si abborda il delicato tema della morte volontaria.
Tutt’altro. “Il suicidio spiegato a mio figlio” è, in realtà, un piccolo e compatto manuale di 400 pagine per il giovane aspirante suicida.
Sulla base di una sobria scelta grafica bicromatica, il volume sviluppa due linee narrative parallele, alternando sezioni di nero su rosso a sezioni di rosso su nero. Le pagine rosse presentano una sorta di metanarrazione nella quale si inscena il rinvenimento, da parte di una coppia di poliziotti, di un manuale per giovani suicidi, opera di uno scrittore di testi per bambini che, prima di mettere fine alla propria vita, ha generosamente fatto dono alle future generazioni delle istruzioni necessarie per ammazzarsi nel migliore dei modi. Quando i due agenti iniziano a leggere il manoscritto rinvenuto, si apre la sezione stampata su carta nera, nella quale viene riprodotto integralmente il manuale che, a partire da questo punto, anche noi potremo leggere per intero, accompagnando idealmente la coppia di poliziotti nella sua lettura.
Questo provocativo compendio per il perfetto suicida si articola in quattro parti che parodiano brillantemente, sia nella struttura che nel contenuto, altre più convenzionali opere divulgative di carattere precettistico.
Nella prima parte, intitolata “Le maniere”, vengono esposti in rigoroso ordine alfabetico numerosi possibili metodi per farla finita. La gamma di possibilità è ampia, la libertà di scelta è innegabile, ce n’è per tutti i gusti: balcone, benzina, corda, lametta ecc. Il linguaggio è chiaro, diretto, e scimmiotta il gergo infantile riportando espressioni come “mamma”, “papà”, “pappa”, “pipì”, “fare il cattivo”. L’eventualità di scegliere di ammazzarsi risulta così una verità semplice, di cui si può parlare con le parole più elementari e che, verrebbe da dire, “capirebbe persino un bambino”.
Segue il capitolo “La programmatica del suicida” che, di fronte alla necessità di lasciare ai vivi un appunto ben scritto così da non rendere “tragicomico” un invece “consapevolissimo atto”, fornisce una carrellata di esempi da non seguire al momento di buttar giù in poche linee le ragioni per le quali si è deciso di lasciare questo mondo. Gli esempi sono numerosi, pieni di rabbia, di errori di ortografia, di insulti, di imprecazioni e bestemmie, così carichi di assurdo e di humor nero da persuaderci che, in effetti, forse questa vita non è poi sempre così desiderabile e preziosa come si dice (dal “Cara Mamma m’ammazzo. Tu ti togli un pensiero. Io mille”, allo “Spero che non esiste dio così non ci rivediamo più”, fino al caustico “Papà adesso chi si incula”).
Il terzo capitolo, “I grandi maestri”, propone invece una serie di esempi di suicidi ingegnosi che, in più di un’occasione, hanno trovano la morte esasperando comportamenti che potrebbero dirsi socialmente accettabili se non addirittura lodevoli. Troviamo così chi per uccidersi esaspera l’amore nei confronti della famiglia, sterminando i propri amati parenti per poi lasciarsi morire disidratato per il troppo piangere; c’è chi si suicida per mezzo di un eccesso di stoicismo, attendendo in tutta tranquillità l’arrivo della propria ora; c’è il padre del signor Guillotin, che per puro orgoglio genitoriale sperimenta sul proprio collo l’invenzione del figlio geniale; e c’è anche Pinocchio, che, pur di rifiutare la menzogna, accetta di far propria la condizione mortale dei bambini in carne ed ossa.
Sorge così una contraddizione di carattere morale: se anche i costumi e i sentimenti più virtuosi possono sfociare nell’auto-annichilimento, siamo proprio sicuri che uccidersi sia un’azione immorale? Chi ha detto che il suicidio sia un atto condannabile, considerato che può essere il risultato delle più integre e oneste condotte?
La risposta la troviamo nel quarto e ultimo capitolo, “Mario il professore”, nel quale entra in campo la voce dell’autorità costituita, incarnata dai personaggi del professore, della madre e del prete. Per i tre, l’idea di uccidersi è indecente, in quanto ostacolo per il compimento di quell’equilibrio tra doveri e piaceri, correttezza e soddisfazione, a cui tutti i membri integri della società dovrebbero ambire. Con una prosopopea, il suicidio arriva ad essere assimilato alla figura di quel “compagno fico delle scuole medie” che ci portava sulla cattiva strada del dubbio, mettendo in discussione tutto il ragionevole e l’accettabile.
Terminata la lettura del manuale, la parola fine non potrà che arrivare dopo che, ritornati sul piano metanarrativo, uno dei due poliziotti mette in pratica i precetti appresi e si impicca, seguendo il richiamo del trasgressivo e incompreso “compagno fico delle scuole medie” che, in sella alla sua motoretta truccata, ci invita a ritrovare nell’altro mondo il nostro libero margine di azione.
L’umorismo corrosivo di questo atipico manualetto pedagogico si rivela l’arma ideale per affrontare non tanto il concetto di suicidio in sé, quanto il cinico sistema di desideri, bisogni, tappe e traguardi imposto da una società che pare prevedere una, e soltanto una, chiave di accesso alla felicità. L’estrema essenzialità grafica e cromatica delle tavole garantisce un ritmo incalzante, agile, le pagine si susseguono rapide come fotogrammi grazie ad una composizione misurata che sa alternare abilmente pause, sguardi, esternazioni. La drastica sintesi del disegno viene compensata dal realismo linguistico di una lingua titubante, incerta e frammentata che, oscillando tra comicità ed esasperazione, ci mette davanti alla scelta non tra vita o morte, ma tra conformismo o ribellione.
by krympling